“Che relazione c'è tra le mie idee e il mio naso? Per me, nessuna. Io non penso col naso, né bado al mio naso, pensando. Ma gli altri? Gli altri che non possono vedere dentro di me le mie idee e vedono da fuori il mio naso?”
“Mi si fissò invece il pensiero ch'io non ero per gli altri quel che finora, dentro di me, m'ero figurato d’essere.”
(Pirandello “Uno, nessuno e centomila”)
A cosa ti fa pensare lo specchio?
Nato con la scoperta dei metalli, lo specchio è sin dall’antichità uno strumento cui si attribuiscono poteri magici. Era riferito alla figura mitologica di Efesto, figlio di Era, moglie di Zeus. Efesto era il fabbro dell’Olimpo, legato all’elemento del fuoco. Prima della sua invenzione, tuttavia, la natura offriva un elemento in grado di riflettere le immagini che le si ponevano davanti, l’acqua, o meglio l’acqua quieta, il lago, lo specchio d’acqua, quello stesso in cui Narciso vide per la prima volta se stesso e, non riconoscendosi, si innamorò della propria immagine.
Essere in grado di vedersi da un punto di vista esterno pone in campo questioni complesse. Pirandello ha spesso giocato con lo specchio, capace di riflettere la nostra immagine così come si suppone la vedano gli altri dall’esterno, ponendo l’interrogativo se essa corrisponda alla nostra immagine interna che abbiamo di noi stessi. Gli altri mi vedono come sono realmente? O come penso di essere? Esiste un unico me stesso? Dal riflesso della mia apparenza si evince quanto io vorrei trasmettere all’esterno?
Il termine “immagine” ha radice comune con imitare e con mimare, dunque è una rappresentazione che imita la realtà, mentre “specchio” trae origine dal verbo latino specĕre guardare, dunque lo specchio ci osserva e riproduce ciò che vede, purché gli oggetti riflessi siano illuminati. La luce è dunque un ulteriore elemento fondamentale, senza di essa non c’è riflesso, non c’è specchio, non c’è sguardo.
Ultimo aspetto da considerare in questo contesto è la riflessione. “Riflettere” deriva dal latino flettere, ovvero piegare indietro, traiettoria che compiono i raggi della luce quando incontrano una superficie piana. Dunque una torsione della luce che permette di riprodurre le immagini, di vedere la realtà. Cosa ha a che fare tutto ciò con la psicologia?
Nella stanza di analisi la riflessione ci porta a far riverberare la mente, nell’espressione latina reflectere animum ci induce a volgere i nostri pensieri verso qualcosa. Ma cosa?
Secondo Jung l’inconscio individuale contiene tante parti, molte delle quali in ombra, e solo alcune a livello cosciente. Tanto più riflettiamo psicologicamente su queste parti, tanto più riusciamo a portarne di nuove alla luce (a livello cosciente), dando loro dignità di parti e permettendoci di conoscerci sempre più nella nostra interezza.
Lo specchio ci permette di guardarci, di volgere lo sguardo a ritroso, lo specchio funge da elemento di rimbalzo per la traiettoria boomerang dello sguardo. Senza di esso guarderemmo sempre avanti. Lo specchio ci permette anche di giocare con la prospettiva, un gioco di specchi può condurre lo sguardo alle nostre stesse spalle, oppure è in grado di riflettere la nostra immagine all’infinito in un incastro di bambole russe.
E se l’immagine riflessa prende vita?
Proprio come accade ad Alice nel Paese delle meraviglie quando decide di curiosare nella realtà che cela lo specchio. Attraversare lo specchio ci conduce simbolicamente nel nostro alter ego, nell’intimo di noi stessi dove scopriamo di essere diversi dall’immagine riflessa. Attraverso lo specchio giungiamo in luoghi ignoti, nel nostro stesso altrove.
Lo specchio crea un doppio della nostra immagine e funge da “acchiappa-incubi”, assorbendo ciò che non desideriamo mostrare all’esterno. Il naso storto narrato da Pirandello resterebbe intrappolato nell’immagine riflessa se non fosse per l’improvvisa presa di coscienza ad opera di un intervento esterno che fa notare al protagonista la sua vera natura. Quante volte ci siamo “guardati allo specchio” o abbiamo creduto di farlo senza realmente vedere ciò che l’immagine rimandava realmente?
Hai mai sognato di essere Dorian Gray?
Proprio come Dorian Gray, nell’intimo speriamo di lasciare le brutture e le ombre impigliate nelle magie dello specchio mentre noi possiamo continuare a portare in giro un’immagine lucente e pulita, tuttavia non reale, di noi stessi. Eppure un giorno ci accorgeremo che non possiamo ignorare la nostra immagine riflessa, quella vera, con le sue ombre, le rughe del tempo, le imperfezioni, gli errori che non riusciamo a perdonarci. Lo specchio ha dunque un potere terapeutico, come direbbe Hillman, psicanalista junghiano di grande rilievo, lo specchio fa anima.
Immagine: Riproduzione vietata (Ritratto di Edward James), di René Magritte (1937)