A volte come terapeuta amo attingere da tecniche diverse, una di queste è l’uso dell’immagine.
Mutuata dall’analisi del sogno, anch’esso un’immagine, una rappresentazione della nostra psiche, le immagini intese in termini di fotografie, dipinti, illustrazioni possono venire in nostro soccorso per scavalcare l’irrazionale e raggiungere luoghi psichici che ci aiuteranno a scoprire una nuova parte di noi sinora rimasta in ombra e ad integrarla nella nostra parte cosciente. Più parti della nostra psiche conosciamo più saremo in grado di affrontare la vita con equilibrio e appagamento.
Dunque non meravigliatevi se nella stanza di terapia compariranno dei mazzi di carte. Si puo’ lavorare con ogni tipo di immagine, si puo’ chiedere al paziente di portare delle fotografie oppure di scattarne di sue, si possono usare carte gioco disponibili in commercio, elaborate ad hoc o scelte dal terapeuta. Anche i tarocchi rientrano in questa tecnica in quanto di origine antichissima e contengono simboli estremamente evocativi.
Qual è la forza dell’immagine?
Partiamo dalla fotografia. Etimologicamente, fotografia deriva dal greco e coniuga la grafia (γραφή) (scrittura) e (φῶς) la luce. Dunque è una forma di scrittura, in quanto fissa su supporto dei segni grafici appunto, tuttavia lo fa ricorrendo all’uso della luce e quindi del contrasto con le ombre. Luce e ombra sono due facce inscindibili della stessa medaglia. Non c’è luce se non in contrasto con il suo opposto, l’oscurità. Inoltre, le ombre sono possibili non soltanto se in presenza di luce, ma anche imprescindibilmente in presenza di elementi che interrompano la trasmissione delle onde elettromagnetiche da questa propagate. I contenuti dell’immagine che si frappongano tra il fascio di luce determinano il formarsi delle ombre. C’è un meraviglioso albo illustrato che descrive il potere delle ombre, Shadows, di Susy Lee, ma questa …. è un’altra storia.
Tornando alle fotografie, nella stanza di analisi diventano un terzo elemento oltre al paziente e all'analista e diventa uno specchio che rimanda la percezione di entrambi in un gioco di triangolo.
Cosa accade quando si osserva una fotografia?
Due sono i meccanismi che si attivano: l’identificazione e la proiezione.
La proiezione è quel processo psicologico in base al quale l’osservatore proietta su persone o situazioni esterne dei desideri o sentimenti che non riconosce in sé e che rifiuta di sé.
L’identificazione invece permette all’osservatore di assimilare una caratteristica, un attributo di un’altra persona. Entrambi questi meccanismi psicologici ci permettono di entrare in risonanza emotiva con le immagini osservate e di andare a toccare corde profonde di noi stessi.
A suffragio di quanto detto, arriva una scoperta scientifica tutta italiana: quella dei neuroni specchio (Rizzolatti, 1997). Si è scoperto che in alcune aree cerebrali motorie e premotorie, nonché nell’area predisposta al linguaggio (Broca) è presente un tipo di neurone che si attiva involontariamente sia quando si compie un’azione, sia quando la si osserva. Questo meccanismo sta alla base dell’empatia sebbene non sia l’unico responsabile di tale sentimento. I neuroni specchio producono una reazione empatica anche di fronte ad immagini statiche, pertanto anche nell’osservazione di fotografie, opere d’arte, panorami ecc.
La fotografia in sostanza è uno strumento molto potente in grado di trasformare un vissuto ad alto contenuto emotivo in un’immagine simbolica. Leggendo questa affermazione al contrario diremo che il nostro vissuto a contenuto fortemente emotivo sarà in grado di emergere grazie all’immagine simbolica.